1995 – il nuotatore l’acqua e la luce

Il nuotatore l’acqua e la luce

Elisabetta Viarengo Miniotti

Galleria d’Arte moderna Arte Club

Via della rocca 39

Torino

… toccarla proprio, sentire con le mani l’acqua, che si muta in corpo della pittura …

Giacomo Soffiantino

Testo di Pino Mantovani

Nel tessuto già ricco che costituisce l’opera complessiva di Elisabetta Viarengo Miniotti, si iscrive coerentemente anche la fase attuale di lavoro (il termine lo uso apposta per sottolineare l’impiego sistematico della pittrice), ulteriore conferma dell’interesse per le forma “immerse” già lungamente eperite: muschi e licheni nelle pelle dei tronchi, tronchi e rami nel fitto del bosco, pullulare di vita nel sottobosco, residui di vegetazione impreziositi dalla putrescenza, oggetti e tracce nelle stratificazioni della memoria, e così via.

Certo, però, la prova attuale è specialmente sorprendente e impegnativa fino all’azzardo, per diversi motivi.
1′) Perchè osa scegliere, a tema della contrazione-distrazione del particolare nel più ampio, il corpo per eccellenza, l’umano per giunta nudo, il quale nei secoli è stato oggetto di innumerevoli analisi che ne hanno formato la struttura compatta e ‘esemplare serrata articolazione.
2″) Perchè l’antagonista con il quale si confronta il corpo umano è l’acqua, corpo senza forme delimitata, elastico, sfuggente ai sensi, specialmente all’occhio che pur ne è attratto addirittura sedotto; tanto che rappresentare l’acqua, nel ragionevole Occidente, è stato prevalentemente rappresentare il contenitore ovvero il limite, salvo tentare per approssimazione qualche attributo dell’acqueo, come lucentezza e riflettenza (riflettendo, l’acqua finge di consistere come le cose che riflette). Senza chiedermi se e quando l’acqua abbia cominciato ad essere raffigurata per se stessa, rilievo almeno questo, che la Viarengo non solo dipinge – e disegna – l’acqua, ma lo fa per così dire “dall’ interno”, così che l’ esterno è recuperato nei riflessi. nelle trasparenze, per irraggiamento. Un vedere il resto dal centro dell’acqua.
3′) Nell’impatto, il corpo immerso prende dall’acqua e l’acqua prende dal corpo. Anche se mai, almeno nelle opere esposte, i termini del confronto cedono la propria identità: il corpo del nuotatore è infatti riconoscibile nella specifica gesticolazione (la pittrice non dimentica esperienze di galleggiamento e affondamento vissute di persona, e studia attentamente e liberamente un testo sulle tecniche di nuoto): e l’acqua altrettanto puntualmente è analizzata. per le qualità che le sono proprie, di reazione alla provocazione del corpo estraneo.

4′) E’ gran cimento che tutto questo, queste complicazioni particolari e d’insieme siano affrontate con mezzi pittorici e grafici piuttosto semplici, o meglio dichiarati, esposti. Uno particolare mi lascia ammirato e perplesso, perchè il più povero ed azzardato. dirò così, in forma interrogativa: con l’acqua si può dipingere l’acqua? la dissoluzione di un corpo nell’acqua solido nell’acqua, come liquefazione per acqua del pigmento in polvere o compresso? non sarà banale equivalenza invece che rilancio metaforico, come continuo a credere debba essere la pittura? Sciolgo la perplessità quando l’artista mi mostra un volumetto di appunti scritti e disegnati, fatti per “studiare” i caratteri della pittura e della scultura antica (occasione, un esame di maturità), e precisa: “Mantegna l’ho capito così, ed è un artista che mi insegna ancora molto, per l’esattezza sottile e senza trucco”. Ecco, se non si dimentica Mantegna, si può tentare di dipingere un corpo che si stempera nell’acqua, e perfino una “pozza d’acqua” azzurrata che deborda dal foglio-piscina; con pulizia e perizia. Alla fine, senza cancellare quanto già detto, rilevo la cosa più evidente: Elisabetta Viarengo Miniotti continua ad interrogarsi sulla luce e a dipingerla da tonalista, la luce, anche quando diventa abbagliante ed è un impresa ricondurla alla gamma tonale. Le sue acque, i suoi corpi nell’acqua sono ulteriore misura di luce, semmai di una luce che si fa sempre più instabile, protagonista nelle metamorfosi dell’apparire.